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Ci sono correlazioni fra e dieta chetogenica e disturbi neurologici mediati dall ’intestino e dalla composizione del microbiota?

Sono diversi gli studi che cercano di approfondire questo legame . Una revisione sistematica recente è quella di Mahdi Mazandarani

Lo scopo di questa revisione sistematica è valutare i cambiamenti indotti nel microbiota intestinale (GM).

dalle diete chetogeniche (KD) come possibile meccanismo alla base del miglioramento delle malattie neurologiche.

L’ analisi valuta  una ricerca completa su tre database elettronici, tra cui PubMed/Medline, Web of Science e Scopus fino a dicembre 2022.

I criteri di inclusione erano quegli  studi che descrivevano eventuali modifiche  del microbiota intestinale  dopo aver consumato una dieta chetogenica  in pazienti neurologici.

La valutazione della qualità degli studi di coorte è stata condotta utilizzando la scala di valutazione della qualità Newcastle-Ottawa e per gli studi clinici utilizzando lo strumento Cochrane Collaboration. Sono state eseguite la ricerca, lo screening e l’estrazione dei dati da due ricercatori in modo indipendente.

i risultati  hanno dimostrato che la DIETA KETOGENICA  migliora i risultati clinici riducendo la gravità della malattia e i tassi di recidiva.

Un aumento nel phylum Proteobacteria, Escherichia, Bacteroides, Prevotella, Faecalibacterium, Lachnospira, Agaricus e Mrakia generi e una riduzione di Firmicutes e Actinobacteria phyla, Eubacterium, Cronobacter, Saccharomyces, Claviceps,

I generi Akkermansia e Dialister sono stati segnalati dopo la dieta chetogenica

. Gli studi hanno mostrato una riduzione delle concentrazioni di catena corta fecale degli acidi grassi e acidi grassi a catena ramificata e un aumento di beta idrossibutirrato, trimetilammina N-ossido, e livelli di N-acetilserotonina dopo questa modifica alimentare..

E quindi poiché esiste evidenza di una modifica della composizione del microbiota intestinale con questo tipo di dieta è possibile utilizzarla quale elemento integrativo nel trattamento delle malattie neurodegenerative.

Antiossidanti

La scienza ha documentato lo stretto legame fra alimentazione corretta e mantenimento delle capacità cognitive del cervello. Intervenire in tempo è fondamentale. Soprattutto con una impostazione alimentare ricca di alimenti antiossidanti.

Cefalee a tavola

Cefalea a tavola… O a tavola senza cefalea?

Il “caso cefalea “è emblematico quale esempio di correlazione fra alimenti e patologie .
Ne sanno qualcosa i pazienti che adottano spesso una dieta di “evitamento”rischiando di cadere, talvolta, in situazioni di squilibrio e carenza.

Il tema è importante e la relazione fra cefalea e alimenti è certa. In questo ambito sono stati avviati molti studi; spesso presentano difficoltà di comparazione, e soprattutto, sono condotti con differenze geografiche che ne incrementano le diversità e i possibili fattori confondenti. Si sa ad es che le popolazioni rurali hanno una prevalenza minore di emicrania rispetto a quelle di città e sono molte le variabili che caratterizzano le differenti popolazioni, fra cui l’assunzione di cibo.

Orientati quindi da questa osservazione si può partire con una analisi della “tipologia di dieta “, chiamiamola occidentale , contro un modello tipo “km zero.”
Nello studio “Dietary intake patterns and Diet quality in a Nationally representative sample of women with and without severe headache or migraine”condotto da E.Whitney Evans è stato osservato che le donne non emicraniche avevano una dieta più ricca di frutta e verdura, legumi e pochi zuccheri, mentre quelle emicraniche avevano un consumo doppio di sodio. Traducendo tali osservazioni sulle abitudini quotidiane si comprende che nell’esposizione alla cefalea un modello mediterraneo è vincente su un modello di dieta junk food, almeno per quanto riguarda il contenuto di sodio. Infatti l’ elemento caratterizzante del modello occidentale, abbonda oltre che in sodio, usato come insaporitore e come conservante, anche in grassi saturi e zuccheri semplici, spesso nascosti. (come in varie salse tipo il glutammato). Relativamente ai grassi l’analisi dei componenti dichiarati in etichetta, di un prodotto a produzione industriale comparato con un prodotto di preparazione casalinga, ad es una minestra liofilizzata o in scatola ci documenta che il contenuto di lipidi è rilevante sia nella quantità che nella tipologia di grassi.

Ed è il contenuto di lipidi, in particolare, a poter essere correlato al numero e all’intensità degli attacchi emicranici come documentano numerosi studi che confermano l’importanza di una riduzione complessiva delle calorie e dei grassi privilegiando quelli monoinsaturi come avviene nei regimi di tipo vegetariano.
Quindi considerando che i lipidi rappresentano la quota di nutrienti a maggior contenuto calorico ( 9kcal al grammo contro le 4 kcal di zuccheri e proteine) nel complesso un modello alimentare in cui abbondano i grassi, soprattutto saturi, si correla con una maggior frequenza di obesità e con una tipologia di consumo alimentare che può facilitare la cefalea cronica.

Ma nel panorama alimentare va fatta attenzione anche alla tipologia di trattamento a cui il cibo è sottoposto. La cottura prolungata infatti provoca una perdita del contenuto vitaminico e minerale, e una variazione nella composizione dei nutrienti come avviene nel caso di formazione di radicali liberi innescati dal processo ossidativo

La raccomandazione quindi ,nel paziente cefalalgico è quella di adottare una dieta con molte fonti vitaminiche e di fibre , quindi con frutta e verdura possibilmente non molto cotta, e ricca di acqua (per una idratazione corretta) con pochi grassi, solo aggiunti a crudo, come i monoinsaturi del’olio di oliva, e con proteine in equilibrio fra animali e vegetali dando largo spazio ai legumi. Infine è importante la scelta della tipologia di proteine privilegiando quelle del pesce che consente di ridurre l’ apporto di grassi saturi, di calorie e quindi indirettamente di contenere l’obesità, una morbilità che nella cefalea è ampiamente documentata.

La qualità e certe tipologie di cibo sono ugualmente importanti: è il caso del cioccolato, alimento su cui si sono particolarmente concentrati numerosi studi che documentano una grande variabilità individuale (dallo 0 al 22 % di pazienti lo riconoscono come trigger). Ma poiché chi soffre di cefalea spesso ha, nel giorno presente la crisi, delle alterazioni del senso di fame e di desiderio di dolci e cioccolato, l’assunzione di questo alimento avviene in conseguenza dell’alterato campanello ipotalamico del senso di fame e la ricerca del cioccolato diventa più un sintomo dell’incombente attacco di mal di testa, che non una conseguenza.
Recenti studi di nutraceutica individuano poi in alcuni alimenti, con comuni caratteristiche antinfiammatorie come lo zenzero, le mandorle e i semi di lino, un aiuto per chi vuole affrontare il mal di testa iniziando dalla tavola sfruttandone il potere antiossidante.
Un altro alimento sotto accusa e molto studiato è il vino.
L’ alcool in genere può essere responsabile di una cefalea ad insorgenza precoce, entro le tre ore, come di una tardiva entro le dodici ore.
In particolare, è conosciuta la frequente associazione fra vino bianco e cefalea per la probabile presenza di solfiti, ma è stato valutato anche il contenuto di fenoli nel vino come possibile fattore d’interferenza sul metabolismo della serotonina.
E infine il caffè, che è utilizzato come farmaco (in aggiunta ad altre componenti farmacologiche) ma può essere collegato alla malattia in caso di un consumo cronico o al contrario con l’ insorgenza di una crisi di mal di testa alla sospensione dell’assunzione di caffeina.

Dal punto di vista della quantità di cibo la cefalea è collegata non solo con l’ eccesso ma anche con la restrizione calorica. Il digiuno dello Yom kippur, quello del primo giorno del ramadan e quello del digiuno preoperatorio sono classiche condizioni in cui si sviluppa una cefalea lieve ma che poi passa con l’ assunzione di cibo.

Non sempre però la modifica calorica rappresenta un fattore negativo perché, esauriti gli zuccheri, l’ organismo avvia una via metabolica alternativa che utilizza come fonte energetica i corpi chetonici che si formano a partire dal consumo di grassi. Ed è quello che si verifica nel caso della dieta chetogenica, modello sperimentato di approccio dietetico della cefalea che si arricchisce ogni giorno di evidenze scientifiche. L’ uso del programma alimentare chetogenetico nella cefalea raggiunge, infatti, il doppio scopo di ridurre il numero di attacchi e di correggere lo squilibrio calorico che sostiene l’ obesità, come patologia concomitante, del cefalalgico.

La diffusione della cefalea, la sua incidenza nella vita delle persone con importanti ripercussioni sul lavoro e la vita di relazione, induce i ricercatori a continuare studi approfonditi per essere di sostegno ai pazienti; questi ultimi però devono essere consapevoli di una propria fragilità di esposizione ai maggiori fattori di rischio conosciuti e a quelli individuali; devono avere conoscenza (anche con l’ utilizzo sistematico di un diario alimentare) della propria esposizione ai fattori scatenanti, e porre molta attenzione alle scelte alimentari ricordando che il modello alimentare mediterraneo è quello che nel complesso garantisce maggiormente per le componenti protettive di cui è costituito.

Headache The Journal of Head and Face Pain -March 2015

Obesità e covid